IL CONSUMISMO CHE CI CONSUMA
Crisi. La parola più gettonata degli ultimi tempi. La
recessione, l’assenza di liquidità, il calo delle vendite registrato nel periodo
natalizio, altro non sono che il sintomo più evidente di una malattia che dopo
il boom economico degli anni 50/60 ha infettato l’uomo dell’era post
industriale: il consumismo.
La straordinaria crescita economica scaturita dalla
poderosa iniezione di fondi all’Italia del Piano Marshall (circa 12 trilioni di
dollari) all’indomani della seconda guerra mondiale, unita alle favorevoli
dinamiche internazionali che spingono l’Italia all’esportazione e allo sviluppo
industriale, hanno portato con sé quello
spirito positivistico verso gli acquisti che caratterizzerà l’andamento del
mercato fino ad oggi, fino alla crisi. L’edonismo consumistico è conseguenza
inconsapevole e spontanea del “Miracolo Economico” che ha aperto la strada
all’acquisto di quei beni che fino ad allora la folta classe media italiana considerava
inaccessibili o semplicemente superflui. Se prima la massaia adoperava tutte le
sue forze nel mantenimento della casa, adesso le macchine elettrodomestiche la
sostituiscono in gran parte del lavoro. La società italiana da agricola diventa
industrializzata; povertà e sussistenza erano la norma comune in gran parte
d’Italia, fino a quando gli anni 60 rendono possibile quello che fino ad ora
era considerato impossibile. “Adesso si può! Perché non comprare?”. L’uomo sale
così su di un treno velocissimo senza fermate. La destinazione? Spendere fin
quando e quanto si può. Adesso quel treno è arrivato a destinazione. Ma l’uomo
non è giunto dove si aspettava; e scopre che i mezzi che gli sono rimasti non
bastano a sostenere il ritmo e la velocità precedenti, smascherando l’inganno
che quella folle corsa all’acquisto irresponsabile, perché superfluo e
spasmodico, nascondeva. La corsa sfrenata al potere, al denaro, la
commercializzazione di tutto e di niente, ha svuotato l’uomo dei suoi valori
primigeni e naturali; l’uomo moderno indaga a tentoni il suo mondo in nome di
un unico verbo: ottenere, incamerare e possedere. Ma oggi qualcosa è cambiato:
si sente mozzato, gli manca qualcosa che sente essere più importante degli
ultimi acquisti modaioli. E’ l’impossibilità di realizzare quanto di più insito
c’è nell’uomo: costruire una famiglia, comprare casa, avere un lavoro onesto,
insomma, vivere per costruire e non solo per consumare. E come dall’America
abbiamo ottenuto il benessere economico
ora ne ereditiamo l’insuccesso finale. Il sogno americano si trasforma in un incubo
mondiale. L‘effetto domino che la globalizzazione ha comportato con la crisi
finanziaria americana, investe a macchia d’olio tutto il pianeta. E questo è
certo. Ma non possiamo prescindere dall’attitudine personale all’acquisto,
maturata dopo anni di “cattive abitudini”. Centri commerciali presi d’assalto
sono il simbolo della frenesia manifestata da uomini e donne che correndo a
prendere posto dinanzi le porte del rivenditore ancora chiuse, si accingono
alla lotta per la conquista del prodotto più conveniente. Spesso l’acquisto non
verte su qualcosa che realmente serva, ma che essendo in promozione appare
imperdibile. A Frosinone come a Roma, all’apertura di un noto centro
commerciale, una folla umana è presente sin dalla notte per non perdere la
precedenza all’acquisto. Centinaia le persone accalcate, pronte al litigio e
alla rissa pur di sentirsi i vincitori di una scommessa con l’offerta del
giorno. Un vero arrembaggio che spesso si trasforma in disordini e atti di
violenza che necessitano l’intervento delle forze dell’ordine. Ecco fino a che
punto può spingersi il desiderio di possedere, non importa cosa e quanto sia
necessaria, ciò che basta è la soddisfazione di averla acquistata. Inutile dire
quanto la società globalizzata, quella delle grandi multinazionali, armate
delle più furbe strategie di marketing e di sponsorizzazione , abbia influito
sull’andamento del mercato, influenzando le masse sulla necessità di comprare,
per poi gettare e dunque ricomprare. La società di oggi “manipola i corpi,
trasforma la coscienza dell’uomo istituendo nuovi valori alienanti e falsi” :
un pensiero attuale, scaturito già nel 1975 dalla mente di un Pierpaolo Pasolini
preoccupato per il cambiamento dei comportamenti degli italiani . Non si può
rimanere indifferenti alle abitudini delle nuove generazioni che sin da piccoli
imparano ad intendere gli svariati Oggetti tecnologici come una priorità,
pretendendoli, di modello in modello, assecondando la subdola strategia
consumistica. I nuovi nati impareranno da questo mondo che la lotta
all’economia del consumismo è la battaglia di oggi, cioè quella contro la
perversione di un sistema che ti induce a possedere cose che altrimenti non
vorresti. Spieghiamo quindi cosa accade in realtà: che siamo le pedine di un
gioco ben pianificato, che ci avvolge nel circolo vizioso dell’acquisto
incondizionato e continuo; il ruolo dell’informazione è anche quello di svelare
le dinamiche sociali che ci conducono a certi atteggiamenti. E deve essere a
scopo divulgativo, per far comprendere che essere pedine succubi di strategie
commerciali non ci fa cittadini liberi, tutt’altro. L’acquisto ragionevole è
però affidato al buon senso di ognuno, insieme alla capacità di dare giusti
esempi alle generazioni future e presenti. E chissà, forse proprio la crisi
farà da maestra stavolta, insegnando che solo il giusto equilibrio può
consentire un futuro, che il piacere di un attimo vissuto nell’acquisto di
qualcosa che presto metteremo da parte o butteremo via (per poi riacquistarlo
magari), non vale quanto il piacere di godere di quello che per natura l’uomo è
chiamato a fare: trovare il cibo per sfamarsi, soddisfare la spinta sessuale
che porta la vita, costruire con quello che si ha, sviluppare l’inventiva volta
alla creazione sana di un sistema razionale. Già perché non c’è nulla di più
razionale di questo pensiero. Il metodo “usa e getta”, “compra e dimentica” è
per contro quello più insensato. La “Giornata del non acquisto” (il Buy Nothing
Day) è un evento proposto di anno in anno ai consumatori di tutto il mondo, con
l’idea di passare un’intera giornata senza acquistare nulla, dimostrando così
di non essere del tutto schiavi del consumismo. Per 24 ore milioni di persone
in tutto il mondo si sono sottratte all'ansia consumistica che è diventata la
nostra cultura. Proposte che a parer mio c’è bisogno di foraggiare in modo più
consistente, favorendo l’incontro, il dibattito, per una nuova concezione della
fruizione del tempo. Ma c’è anche l’insegnamento del maestro De Crescenzo, che
in una parte del celebre film “Così parlò Bellavista”, manifesta l’accorato
disappunto nel comprare ciò che già abbiamo (e che a volte non ci accorgiamo
neppure di avere), portando l’esempio delle candeline di compleanno, che non
andrebbero comprate nuove ogni anno: ne basterebbe solo una in più, che unita a
quelle degli anni precedenti, riempirebbe ugualmente una torta di compleanno.
La semplicità è la chiave per sbloccare questo sistema ormai in difficoltà. Il
consumismo non morirà; tornerà alla ribalta quando la crisi sboccerà
nell’ennesimo periodo di benessere, per come ci insegna la storia. Ma speriamo
di aver imparato dalla mancanza che adesso proviamo delle piccole cose, quelle
vere. Solo così, misurando le nostre priorità approderemo ad un consumismo che
non ci consumi noi stessi, un consumismo alla portata dell’uomo, semplicemente
più umano.
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