lunedì 14 maggio 2012



IL CONSUMISMO CHE CI CONSUMA

Crisi. La parola più gettonata degli ultimi tempi. La recessione, l’assenza di liquidità, il calo delle vendite registrato nel periodo natalizio, altro non sono che il sintomo più evidente di una malattia che dopo il boom economico degli anni 50/60 ha infettato l’uomo dell’era post industriale: il consumismo.
La straordinaria crescita economica scaturita dalla poderosa iniezione di fondi all’Italia del Piano Marshall (circa 12 trilioni di dollari) all’indomani della seconda guerra mondiale, unita alle favorevoli dinamiche internazionali che spingono l’Italia all’esportazione e allo sviluppo industriale,  hanno portato con sé quello spirito positivistico verso gli acquisti che caratterizzerà l’andamento del mercato fino ad oggi, fino alla crisi. L’edonismo consumistico è conseguenza inconsapevole e spontanea del “Miracolo Economico” che ha aperto la strada all’acquisto di quei beni che fino ad allora la folta classe media italiana considerava inaccessibili o semplicemente superflui. Se prima la massaia adoperava tutte le sue forze nel mantenimento della casa, adesso le macchine elettrodomestiche la sostituiscono in gran parte del lavoro. La società italiana da agricola diventa industrializzata; povertà e sussistenza erano la norma comune in gran parte d’Italia, fino a quando gli anni 60 rendono possibile quello che fino ad ora era considerato impossibile. “Adesso si può! Perché non comprare?”. L’uomo sale così su di un treno velocissimo senza fermate. La destinazione? Spendere fin quando e quanto si può. Adesso quel treno è arrivato a destinazione. Ma l’uomo non è giunto dove si aspettava; e scopre che i mezzi che gli sono rimasti non bastano a sostenere il ritmo e la velocità precedenti, smascherando l’inganno che quella folle corsa all’acquisto irresponsabile, perché superfluo e spasmodico, nascondeva. La corsa sfrenata al potere, al denaro, la commercializzazione di tutto e di niente, ha svuotato l’uomo dei suoi valori primigeni e naturali; l’uomo moderno indaga a tentoni il suo mondo in nome di un unico verbo: ottenere, incamerare e possedere. Ma oggi qualcosa è cambiato: si sente mozzato, gli manca qualcosa che sente essere più importante degli ultimi acquisti modaioli. E’ l’impossibilità di realizzare quanto di più insito c’è nell’uomo: costruire una famiglia, comprare casa, avere un lavoro onesto, insomma, vivere per costruire e non solo per consumare. E come dall’America abbiamo ottenuto  il benessere economico ora ne ereditiamo l’insuccesso finale. Il sogno americano si trasforma in un incubo mondiale. L‘effetto domino che la globalizzazione ha comportato con la crisi finanziaria americana, investe a macchia d’olio tutto il pianeta. E questo è certo. Ma non possiamo prescindere dall’attitudine personale all’acquisto, maturata dopo anni di “cattive abitudini”. Centri commerciali presi d’assalto sono il simbolo della frenesia manifestata da uomini e donne che correndo a prendere posto dinanzi le porte del rivenditore ancora chiuse, si accingono alla lotta per la conquista del prodotto più conveniente. Spesso l’acquisto non verte su qualcosa che realmente serva, ma che essendo in promozione appare imperdibile. A Frosinone come a Roma, all’apertura di un noto centro commerciale, una folla umana è presente sin dalla notte per non perdere la precedenza all’acquisto. Centinaia le persone accalcate, pronte al litigio e alla rissa pur di sentirsi i vincitori di una scommessa con l’offerta del giorno. Un vero arrembaggio che spesso si trasforma in disordini e atti di violenza che necessitano l’intervento delle forze dell’ordine. Ecco fino a che punto può spingersi il desiderio di possedere, non importa cosa e quanto sia necessaria, ciò che basta è la soddisfazione di averla acquistata. Inutile dire quanto la società globalizzata, quella delle grandi multinazionali, armate delle più furbe strategie di marketing e di sponsorizzazione , abbia influito sull’andamento del mercato, influenzando le masse sulla necessità di comprare, per poi gettare e dunque ricomprare. La società di oggi “manipola i corpi, trasforma la coscienza dell’uomo istituendo nuovi valori alienanti e falsi” : un pensiero attuale, scaturito già nel 1975 dalla mente di un Pierpaolo Pasolini preoccupato per il cambiamento dei comportamenti degli italiani . Non si può rimanere indifferenti alle abitudini delle nuove generazioni che sin da piccoli imparano ad intendere gli svariati Oggetti tecnologici come una priorità, pretendendoli, di modello in modello, assecondando la subdola strategia consumistica. I nuovi nati impareranno da questo mondo che la lotta all’economia del consumismo è la battaglia di oggi, cioè quella contro la perversione di un sistema che ti induce a possedere cose che altrimenti non vorresti. Spieghiamo quindi cosa accade in realtà: che siamo le pedine di un gioco ben pianificato, che ci avvolge nel circolo vizioso dell’acquisto incondizionato e continuo; il ruolo dell’informazione è anche quello di svelare le dinamiche sociali che ci conducono a certi atteggiamenti. E deve essere a scopo divulgativo, per far comprendere che essere pedine succubi di strategie commerciali non ci fa cittadini liberi, tutt’altro. L’acquisto ragionevole è però affidato al buon senso di ognuno, insieme alla capacità di dare giusti esempi alle generazioni future e presenti. E chissà, forse proprio la crisi farà da maestra stavolta, insegnando che solo il giusto equilibrio può consentire un futuro, che il piacere di un attimo vissuto nell’acquisto di qualcosa che presto metteremo da parte o butteremo via (per poi riacquistarlo magari), non vale quanto il piacere di godere di quello che per natura l’uomo è chiamato a fare: trovare il cibo per sfamarsi, soddisfare la spinta sessuale che porta la vita, costruire con quello che si ha, sviluppare l’inventiva volta alla creazione sana di un sistema razionale. Già perché non c’è nulla di più razionale di questo pensiero. Il metodo “usa e getta”, “compra e dimentica” è per contro quello più insensato. La “Giornata del non acquisto” (il Buy Nothing Day) è un evento proposto di anno in anno ai consumatori di tutto il mondo, con l’idea di passare un’intera giornata senza acquistare nulla, dimostrando così di non essere del tutto schiavi del consumismo. Per 24 ore milioni di persone in tutto il mondo si sono sottratte all'ansia consumistica che è diventata la nostra cultura. Proposte che a parer mio c’è bisogno di foraggiare in modo più consistente, favorendo l’incontro, il dibattito, per una nuova concezione della fruizione del tempo. Ma c’è anche l’insegnamento del maestro De Crescenzo, che in una parte del celebre film “Così parlò Bellavista”, manifesta l’accorato disappunto nel comprare ciò che già abbiamo (e che a volte non ci accorgiamo neppure di avere), portando l’esempio delle candeline di compleanno, che non andrebbero comprate nuove ogni anno: ne basterebbe solo una in più, che unita a quelle degli anni precedenti, riempirebbe ugualmente una torta di compleanno. La semplicità è la chiave per sbloccare questo sistema ormai in difficoltà. Il consumismo non morirà; tornerà alla ribalta quando la crisi sboccerà nell’ennesimo periodo di benessere, per come ci insegna la storia. Ma speriamo di aver imparato dalla mancanza che adesso proviamo delle piccole cose, quelle vere. Solo così, misurando le nostre priorità approderemo ad un consumismo che non ci consumi noi stessi, un consumismo alla portata dell’uomo, semplicemente più umano.

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