IL SUD DEGLI EMIGRANTI ESISTE ANCORA
Alla fine del “700, a fronte dei viaggi
fatti in Italia Goethe scriveva della Campania e del Sud in genere: “Questo è
un paradiso abitato dai diavoli”. Adesso come nel “700 queste parole hanno lo
stesso valore e la stessa efficacia. Col suo pensiero lo scrittore tedesco
voleva trasmetterci l’idea d’un paese bellissimo: ricco d’una terra prospera, capace
d’infiniti frutti e pieno di luce accecante; dove il fragore dei mercati, il
vociare continuo di passanti e mercanti rendeva l’uomo conscio di sé e delle
sue capacità. In questo vortice di colori e suoni stanno gli abitanti, i
diavoli. Anime inquiete, caratteri ribelli, che spesso la legge la fanno da sé;
uomini accesi dal calore della terra su cui nascono. D’altronde è risaputo, il
gene di un popolo è dato largamente dalle caratteristiche ambientali in cui
esso nasce, cresce e si riproduce. Così è per noi meridionali e così è per
tutti gli altri. Ma se dello stivale noi siamo i diavoli è lecito dover
ammettere che i settentrionali ne sono gli angeli? Non è necessario cadere
nelle solite polemiche tendenziose; le statistiche insieme alle innumerevoli
esperienze di ragazzi che come me decidono di emigrare al Nord per la propria
carriera universitaria bastano a rendere chiaro un quadro generale. In Italia
negli ultimi decenni la fuga dei cervelli non ha riguardato unicamente le
grandi menti della ricerca che non avendo supporti finanziari si sono visti
costretti ad espatriare pur di fare il proprio lavoro, ma anche una miriade
infinita di ragazzi del Meridione che una volta preso il diploma si trovano di
fronte oltre che la già difficoltosa scelta del percorso universitario da
intraprendere anche la cruda verità:
“Se resto in Sicilia sarà più difficile
laurearsi e trovare lavoro, forse è meglio andare al nord a cercare una
dimensione più efficiente dal punto di vista formativo, più veloce, moderna e
dinamica (senza parlare poi delle incombenze burocratiche cui bisogna essere
soggiogati se si decide di restare presso gli atenei siciliani)”. Ecco qui che
moltissimi studenti siciliani, calabresi, pugliesi e campani emigrano verso un
migliore e più sereno percorso universitario, oltre che di vita, lasciando
casa, affetti e sicurezze e portando via con se ingegno, estro e capacità che
altrimenti non verrebbero mai valutati, sfruttati e promossi, tanto nelle
piccole comunità di provincia quanto nelle grandi cittadine della meridio-land.
La distanza che subito si avverte una volta “espatriati” non si percepisce solo
nei chilometri che ci separano da casa; la si intravede già nel grado di
civiltà, educazione civica e organizzazione che i settentrionali in genere
dimostrano coi fatti: non più ore d’attesa per un autobus, non più liti furibonde
con impiegati inadempienti, ignoranti e presuntuosi, non più finti scioperi che
illudono lo studente, non più aule stracolme all’inverosimile, non più
“incompatibilità ambientali” (se così vogliamo chiamarle) con professori spesso
fin troppo anziani per gestire rettorati e cattedre con 2000 studenti o
semplicemente per poter dire cosa implichi inviare una mail; non più lauree
postergate di un anno od annullate per i clamorosi errori interni delle
segreterie. Quello che ci offre il nord è la certezza di poter contare su
trattamenti più coscienziosi, all’insegna dell’ordine e della precisione nel
lavoro svolto, qualsiasi esso sia; la pulizia e la manutenzione di edifici e
impianti; la partecipazione attiva da parte dei professori; un metodo di studio
molto meno mnemonico e più di sostanza, e lontano dal nepotismo della
malauniversità del Palermitano; la promozione di eventi culturali e artistici
che realmente coinvolgono gli studenti e le loro attività.
In questo clima rigido e sotto questo
sole pallido, migliaia di studenti tra siciliani, pugliesi e campani animano le
strade delle principali città universitarie del Nord Italia, emigrando proprio
come fecero i loro nonni; anche se adesso si parte più per la carriera
universitaria che per la certezza di trovare un impiego e anche se la vecchia
valigia di cartone è stata sostituita dal notebook a tracolla il motivo che
spinge ad allontanarsi è lo stesso, ieri come oggi: la precarietà sociale.
Si comprende così che c’è tutta
una modernità che ci è negata, uno stadio sociale più avanzato che dovrebbe
appartenerci per generazione; la mia e la nostra generazione, che si affaccia
proprio adesso su un futuro troppo ancorato al passato. Fa rabbia pensare che
non ci sia molto da fare per cambiare lo stato delle cose; inutile dire che la
svolta debba partire dal modus vivendi di un popolo e dalla sua coscienza
civile. Gli studenti-emigranti sono spesso quelli che più vorrebbero rimanere e
fare qualcosa per il territorio dove sono nati. Chissà forse la storia farà da sola,
magari impareremo al Nord ciò di cui il nostro Sud ha bisogno. Oltre che le
grandi riforme, bisogna riappropriarci della nostra memoria; rifarci a quello
che siamo stati in grado di fare quando il Regno delle due Sicilie era la 3°
potenza mercantile del pianeta, quando concorrevamo con Versailles nella
costruzione della Reggia di Caserta e tanto altro ci sarebbe da ricordare. Come
quando Mazzini disse ai giovani militanti della Giovine Italia che quella che
avrebbero creato sarebbe stata l’Italia del Sud.
Amo questo nostro paradiso
descritto da Goethe, amo i diavoli che lo abitano nelle loro colorite
caratteristiche, che spesso mi strappano la risata o danno spazio
all’immaginazione più di qualsiasi altro carattere nordico, noioso e piatto; e
amo l’idea che questa sia la mia Casa, ma sogno anche di vedere questi diavoli
diventare un pò angeli, che si soffermino ad osservare quanto stiano
trasformando da soli il loro paradiso in un inferno, dove il pattume galleggia
lungo le strade allagate. Pensiamo all’immagine che diamo del nostro paradiso.
Nessun commento:
Posta un commento